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Valerio Negrini, il donatore di parole - Parte 2 - Giovedì 20.06.2019

Valerio Negrini

In questo articolo riprende la seconda parte del racconto dell'evento dedicato a Valerio Negrini, organizzato martedi 11 giugno presso il Cortile Maggiore di Palazzo Ducale, in occasione del 25° Festival Internazionale di Poesia di Genova (la prima parte è disponibile al link "Valerio Negrini, il donatore di parole - Parte 1").

Dopo aver offerto l'interpretazione della parte strumentale del brano "Parsifal", pezzo composto da Roby Facchinetti e contenuto nell'omonimo album dei Pooh pubblicato nel 1973, Dodi Battaglia ha poggiato la chitarra e lasciato la parola al giornalista Dario Vassallo, il quale ha introdotto Paola Racca con queste parole: «Abbiamo parlato un pochettino del Valerio Negrini pubblico, però [...] se permetti c'è una persona che ritira fisicamente il premio che ci può raccontare invece molto sul Valerio privato. Chiamo quindi la moglie, Paola, sul palco [...]. Dicevamo, per quello che si può raccontare ovviamente e di storie ce ne sarebbero tante, Dodi ci ha già accennato di quello che era il Valerio che poi tutti abbiamo conosciuto attraverso le parole delle sue canzoni. Ma nel privato com'era?».
Paola Racca: «Bisognerebbe avere circa un anno di tempo per raccontare Valerio privato, oltre a quello pubblico che ha già raccontato molto bene Dodi. Com'era Valerio in privato? Era un artista anche nel privato. Era divertente, aveva un enorme senso dello humor in tutte le cose e viveva in un suo mondo soprattutto quando creava. Infatti prima Dodi diceva che non aveva mai fatto la domanda come potesse creare i suoi, permettetemi, capolavori, anche se sono di parte. Lui non aveva un metodo, io capivo che stava realizzando qualcosa di veramente bello, di veramente importante quando si estraniava: è come se fosse vissuto su questa sua nuvola rosa, sopra di noi e lì creava. La cosa buffa che lui mi ha raccontato [...] è che lui ha creato "Uomini soli" in taxi, perché come sempre era all'ultimo momento ed i Pooh lo stavano assillando di telefonate: vi garantisco che questi signori qui in fase creativa erano veramente tremendi e io dovevo mediare tra Valerio [...] e le loro esigenze e non era un lavoro facile. Lui appunto doveva presentarsi alla riunione coi Pooh, che più che una riunione lui diceva "l'inquisizione Poohesca" e non aveva scritto nulla e in taxi ha scritto quello che poi ha vinto Sanremo ed è stato "Uomini soli"».

Dario Vassallo, Paola Racca, Dodi Battaglia

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Dario Vassallo: «Noi prima abbiamo parlato di un suo lato beat libertario, se lo portava dietro anche nel privato?».
Paola Racca: «Abbastanza. Valerio era la parte romantica della coppia, infatti ero la parte razionale perché per vivere con uno così bisognava che uno dei due andasse a pagar le bollette, perché se fosse stato per lui... Lui oltretutto sapeva ridere di tutto, anche di quelle che lui chiamava le sue "microsfighe", infatti passavamo delle serate ridendo quando mi raccontava di quello che gli accadeva e secondo me era impossibile che potessero accadere tutte queste cose ad un unico essere umano, come io credo sia stato l'unico a farsi male giocando a tombola [...], ma vi posso garantire che lui si è lussato un pollice!».

Dario Vassallo: «Faccio questa domanda un po' a tutti e due perché ne abbiamo accennato prima. Dal punto di vista giornalistico sono di estrazione cinematografica e quello che mi ha sempre colpito nei testi di Valerio era che alcuni sembravano proprio delle sceneggiature e [...] una di queste canzoni è "Ci penserò domani", che tra l'altro molta critica mette sullo stesso piano, nel racconto di due ex che si ritrovano, di quella che è unanimamente considerata il top di questo genere: "Incontro" di Guccini. Questa struttura cinematografica, diciamo così, da cortometraggio la ritrovate? La vedete anche voi?».
Dodi Battaglia: «Ma sicuramente è stata determina dal pathos che ha creato la musica...». Poi, ridendo: «Scherzo! Scherzo come se fosse Valerio qui con me! Siccome la musica di "Ci penserò domani" è mia, allora mi arrogo il diritto di avere ispirato il grande Negrini». Poi, rivolto alla Racca: «Vuoi rispondere tu che sei più seria di me?».
Paola Racca: «Ho vissuto ventun'anni con Valerio ed essere seri è molto difficile e di questo gliene sarò veramente grata, perché saper ridere della propria vita come sapeva fare Valerio è stata una grande cosa per me, credo anche per altre persone [...]».
Dodi Battaglia: «Immagino che lui avesse voluto raccontare questa ragazza classica degli anni '70. C'erano negli anni '70 queste ragazze che arrivavano, partivano, non si capiva bene se erano inglesi, russe, dicevano che andavano in India, insomma non si capiva bene se rimanevano, quanto tempo rimanevano, se stavano con te, se stavano con degli altri. Lì è stata la rivoluzione, [...] noi uomini abbiamo detto: "Ma non stavate a casa a fare la sfoglia, aspettando i mariti?". Queste invece andavano in giro per il mondo: questa è stata la grande rivoluzione degli anni '70 per quanto riguarda le donne, credo. Credo che Valerio abbia voluto raccontare questo tipo di personaggio».
Paola Racca: «Assolutamente sì».

Dario Vassallo: «Noi stiamo parlando di uno dei più grandi [...] scrittori di testi di canzoni, a livello di Mogol. Però perché se uno chiede l'autore di testi viene ricordato Mogol e non viene ricordato Negrini? Forse perché, prendetela come una provocazione, lui scriveva per Battisti e Valerio scriveva per i Pooh?».
Dodi Battaglia: «Conoscendo il mondo dell'arte e della canzone, dello spettacolo, so bene che è difficile per uno che fa questo mestiere emergere, se non sgomiti o se hai una proiezione così egocentrica di te stesso che quando arrivi dentro un posto sei convinto che tutti guardano te. Valerio era esattamente il contrario di questo [...]. Lui si fregiava di essere una persona normale e questo è stato il suo grande successo: il fatto di raccontare delle storie normali, che accadevano a chiunque e credo che lui sia stato così, ma gli sia anche convenuto essere e rimanere così perché solo così lui è riuscito a interpretare quello che era l'umore della gente, raccontare le grandi storie che ha raccontato riuscendo ad immergersi, a salire su un taxi con la voglia di non essere bacchettato dai Pooh perché non aveva fatto l'ultimo testo e magari vedendo qualcuno "perduto nel Corriere della Sera"... Perché lui era così. Purtroppo oggi il mondo è fatto di persone che sgomitano [...]. Mi tolgo il sassolino dalla scarpa: io ormai detesto questi programmi in cui parlano tutti assieme urlandosi addosso, non si capisce niente. Valerio era esattamente il contrario di tutte queste cose qua. Anch'io sono il contrario di queste cose, quindi detesto quella maniera di essere arroganti, presenzialisti pieni di se stessi per cui se è vero che oggi fanno successo questo tipo di persone, ecco lui non avrebbe mai fatto successo in questi termini e ha fatto un altro percorso».
Paola Racca: «Sono assolutamente d'accordo con te, anche perché a Valerio piaceva stare nell'ombra: non disdegnava la notorietà, però piaceva stare nell'ombra perché poteva osservare. Infatti nelle sue canzoni lui descrive perfettamente le persone, i sentimenti e poi devo dire una cosa: lui quando scriveva, scriveva innanzitutto per sé e poi scriveva perché amava farlo, non perché doveva farlo».

Fine seconda parte. Prosegue alla pagina "Valerio Negrini, il donatore di parole - Parte 3".

Autore - Michaela Sangiorgi